martedì, Aprile 16, 2024
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GENNARO SAVIO: “LA MIA ESPERIENZA VACCINALE A ISCHIA TRA EFFICIENZA ORGANIZZATIVA E CARENZA DI COMUNICAZIONE SU EVENTUALI EFFETTI COLLATERALI”

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Impeccabile e veloce la somministrazione presso l’Istituto “Telese” di Ischia, ma per dare tranquillità agli utenti, sarebbe opportuno misurare febbre, pressione e saturazione e dare indicazioni precise sugli effetti collaterali.

di Gennaro Savio

“Buonasera, ho l’appuntamento per la somministrazione del vaccino anti-Covid”. La risposta della signora della Protezione Civile che all’esterno dell’Istituto scolastico professionale “Vincenzo Telese” di Ischia, assieme ai suoi colleghi con molta professionalità faceva da filtro e spiegava la prassi per potersi vaccinare, è stata questa: “Ma lei non è un lavoratore termale, vero?”. Perché faccio questa premessa. Perché la maggior parte dei cittadini dell’isola d’Ischia pensano che da sempre la mia professione sia quella di giornalista ed invece, a parte l’attuale ed entusiasmante collaborazione con i ragazzi di “Nuvola Tv” (ragazzi perché potrebbero essere miei figli avendo più o meno l’ètà del mio Domenico e sono già bravissimi), purtroppo quello di cronista non è stato mai il mio lavoro e per sopravvivere, sono da sempre un lavoratore stagionale. Cosa davvero insolita, direte, per un politico. Ma non per me  che – al contrario di altri che si servono del popolo e della politica per fare carriera, riempire di clienti i propri studi professionali ed in alcuni casi persino per arricchirsi -, la politica la intendo come meraviglioso mezzo con cui servire il popolo e difendere gli interessi di tutta la collettività cercando di favorire la crescita sociale, civile ed economica dei nostri territori, nei decenni ho pagato a caro prezzo il mio impegno antisistema subendo discriminazioni ovunque e mi sono dovuto sempre accontentare di fare ciò che mi capitava a tiro. Anzi, ho dovuto necessariamente approfittare delle pochissime occasioni di lavoro che mi sono state offerte. E negli anni ho fatto di tutto. Dal barista, al cameriere – forse più onesto dire portapiatti – dal lavapentole al lavapiatti, sino all’operaio termale. Premesso questo, l’altro ieri assieme ai miei colleghi ho ricevuto la prima dose del vaccino Astrazeneca, da ripetere tra due mesi e mezzo. Oltre all’organizzazione rapida ed impeccabile, quello che ha lasciato un po’ perplessi i più, è il fatto che prima della somministrazione del vaccino, agli utenti non sia stata misurata la temperatura corporea e neppure la pressione arteriosa, cosa che invece, ad esempio, fa il medico di base quando ti somministra il vaccino antinfluenzale. E questo, al di là dei protocolli e senza alcuna vena polemica, sarebbe opportuno farlo, semmai assieme anche al rilevamento della saturazione, per infondere maggiore sicurezza a chi si appresta a vaccinarsi. Inoltre, nonostante la tanta incertezza che il dibattito pubblico tra i virologi alimenta nei cittadini, per esempio sulla percentuale di copertura dei vaccini stessi ed altro ancora, riteniamo sia importante che prima della somministrazione, sarebbe opportuno che l’Asl renda edotti i cittadini sugli effetti collaterali e come eventualmente comportarsi alla loro comparsa. E questo dovrebbe essere fatto per evitare a tutti inutili preoccupazioni e la “corsa” a telefonare il proprio medico di base alla comparsa di febbre anche molto alta e sintomi vari. Probabilmente questa procedura “lampo” viene adottata per andare quanto è più veloci è possibile. Ma dove si corre se poi i vaccini nel nostro Paese tardano ad arrivare? A cosa serve correre se poi ci si deve fermare di colpo perché i vaccini scarseggiano solo per fattori di ordine economico? In tal senso a darci lezione di grande moralità e serietà, ci ha pensato l’isola di Cuba, la quale nonostante abbia subito decenni di disastroso embargo economico, sta producendo il vaccino etico, in quanto sul diritto alla salute dei cubani non si è dato a nessuna casa farmaceutica capitalistica, la possibilità di lucrare così come invece avviene nei paesi imperialisti e liberisti. Il vaccino lo produce direttamente lo Stato ed il prezzo è irrisorio, giusto il costo della produzione di fabbrica, e per una Cuba Covid-Free potrebbe essere somministrato anche ai turisti, oltre che ad essere diffuso nei paesi più poveri visto che sugli undici milioni di abitanti, entro la fine dell’anno saranno prodotte almeno cento milioni di dosi. Che lezione di civiltà per noi poveri “ricconi” d’Europa che definiamo gli altri Paesi da terzo mondo! Infatti qui in Italia il vaccino è gratuito alla somministrazione, ma poi probabilmente col tempo ci sarà fatto pagare caro ed amaro come si suole dire, attraverso tassazioni varie, come per tutto il resto d’altronde. Per quanto concerne, invece, il dilemma di amletica memoria “vaccinarsi si” o “vaccinarsi no”, personalmente ho scelto la prima opzione oltre che per tutelarmi personalmente dal Covid-19 per cui ho visto soffrire, morire o rischiare la vita a conoscenti e persone a me care, anche e soprattutto per tutelare i miei familiari da un eventuale contagio visto che per l’intensa attività politica e giornalistica che svolgo, mi capita di potere incontrare molte persone. E vaccinarmi è un modo per tutelare anche loro. Però al tempo stesso ritengo che, così come stanno giustamente chiedendo a gran voce, oltre agli insegnanti sia doveroso prioritariamente dare la possibilità di vaccinarsi, a tutti i lavoratori pendolari, corrieri compreso, agli operatori del commercio e degli uffici pubblici e privati che sono quotidianamente a contatto con il pubblico e alle Forze dell’Ordine che sono sempre a contatto con la gente e che per questo comunque, più di altri, rischiano il contagio. Infine è arcinota la mia marcata diffidenza verso l’infame e disumano sistema economico e sociale capitalistico dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, delle discriminazioni sociali, della povertà dilagante e della dignità negata, e dove si antepongono gli affari economici al riconoscimento dei diritti delle masse popolari rese suddite ed obbedienti e per cui in ogni caso, alle fine, come amo ripetere spesso, dobbiamo sempre sperare che ci vada bene. E allora speriamo che anche stavolta ci vada bene, o per parafrasare Paolo Villaggio. “Noi speriamo che ce la caviamo…”.

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