Nell’ambito del progetto “Ecosistema Palazzo d’Avalos”, con il sostegno di Fondazione CDP, è stato inaugurato il riallestimento del piano terra: ricostruite le camerate comuni e la sala del medico, presentata la mostra “Non ho aspettato altro che il giorno pieno” a cura di Alberta Romano con Aurora Riviezzo. Esposti per la prima volta documenti preziosi dal carcere di Poggioreale
Cambia volto il complesso di Palazzo d’Avalos, già edificio rinascimentale, a lungo carcere di Procida, depositario di secolari storie dalla forte identità e il cui patrimonio, materiale e immateriale, viene oggi valorizzato da un nuovo percorso espositivo che abbraccia il piano terra, presentato al pubblico – nel suo corposo riallestimento – sabato 14 giugno.

Un’azione che rientra nel progetto Ecosistema Palazzo d’Avalos, vincitore del bando Ecosistemi Culturali, promosso dalla Cooperativa Sociale Immaginaria e finanziato da Fondazione CDP.
Riprendono voce registri, divise, letti e altri di uso comune ritrovati all’interno del penitenziario, raccontando le storie di chi ha abitato questi spazi negli anni più bui della storia del Palazzo attraverso un percorso a cura studio di architettura AIDNA, che accompagna il visitatore in una dimensione fuori dal tempo, impreziosita dalle ricostruzioni delle camerate comuni e della sala del medico. Tornano a parlare anche antichi registri appena tornati al Palazzo grazie alla collaborazione con la casa circondariale di Poggioreale. E’ stata presentata al pubblico anche una nuova esposizione permanente, a cura di Alberta Romano con Aurora Riviezzo, dal titolo “Non ho aspettato altro che il giorno pieno”.




La mostra, che nel titolo propone il richiamo a un passaggio del libro “L’isola di Arturo” di Elsa Morante, ricostruisce la storia del carcere attraverso fotografie storiche, racconti, cimeli e manufatti, che il carcere proponeva alla comunità dell’isola attraverso grandi Mostre Mercato, occasioni in cui i detenuti esponevano e vendevano alla comunità dell’isola manufatti e oggetti di “chincaglieria”.

Dai singolari velieri fatti di fiammiferi alla biancheria da notte, ogni famiglia procidana conserva ad oggi almeno un manufatto prodotto nei 140 anni in cui il Palazzo d’Avalos ha rappresentato un laboratorio di artigianato, oltre che un luogo di sospensione.
La mostra dà traccia, in alcuni casi per la prima volta, anche di altre attività svolte all’interno della casa di reclusione, momenti di svago, spettacoli teatrali e visite di personaggi celebri..
Non mancano contenuti esclusivi, in primis alcuni scatti fotografici di Mimmo Jodice all’interno della struttura, pubblicati dal quotidiano “Il Mattino” negli anni ’80.
Il nuovo percorso di visita integra al suo interno due progetti che sono diretta eredità di Procida Capitale della Cultura 2022 (la mostra dedicata alla lavorazione del lino nel carcere “Fili d’ombra – Fili di luce”, e lo straordinario percorso multimediale “Procida Time Machine”, a cura della Regione Campania), mentre una sala video ospiterà il documentario del regista Domenico Palma, girato – nell’ambito delle azioni del progetto – nelle aree inaccessibili del Palazzo, anticipato dalla proiezione del teaser, già visibile in questi giorni.
“Con questo intervento il complesso di Palazzo d’Avalos, che negli anni abbiamo restituito alla comunità di Procida rendendolo sempre più centrale nelle politiche culturali dell’isola, continuerà a raccontarsi a tanti visitatori, rafforzando il legame con gli isolani e mettendo in luce la sua lunga storia, da palazzo rinascimentale a carcere borbonico, ad attrattore in grado di intercettare l’interesse e la curiosità di migliaia di visitatori”, sottolinea il sindaco di Procida, Dino Ambrosino.
“Il nuovo allestimento del piano terra del Palazzo, che abbiamo deciso di dedicare alla narrazione della sua storia più recente, è stato pensato per rendere lineare e facilmente leggibile un percorso che si presentava in alcuni punti frammentato e con alcune sovrapposizioni. – spiegano Marco Lauro e Valentina Schiano Lomoriello, che curano la direzione artistica dell’intero progetto – Alle preesistenti ricostruzioni di alcuni ambienti, abbiamo affiancato contenuti complementari e originali, lavorando anche sugli elementi della comunicazione in tutto il Palazzo, che sono stati uniformati e potenziati, per rendere l’esperienza di visita più agevole, intuitiva e stimolante”.
“Fin dal primo momento — con ancora negli occhi la Corricella — Palazzo D’Avalos ci è parso da subito come un sistema aperto di ambienti, scandito da varchi e finestre spalancate. – spiegano Salvatore Scandurra, architetto dello studio AIDNA – Un senso di orizzonte, ma al tempo stesso di isolamento, ci ha scosso, rivelandoci la grande capacità di quegli spazi di essere interconnessi visivamente tra loro e con l’altrove, che sia il mare o la memoria. L’intero allestimento è una rilettura di quegli sguardi per ricomporre l’atto di osservare attraverso feritoie, che perforano le mura per sbirciare nei sogni e nelle storie che oggi appaiono come oggetti.”
“Senza cadere in retoriche semplificatorie che identificano il lavoro come via di riscatto, Non ho aspettato altro che il giorno pieno intende mettere in luce lo spirito creativo che ha abitato i corridoi di Palazzo d’Avalos.- spiega Alberta Romano – Un progetto di allestimento che, attraverso una scrupolosa ricerca d’archivio, riunisce fotografie storiche, racconti, cimeli e manufatti e che si propone di restituire alla comunità la memoria di un luogo complesso che ha forse rappresentato, per alcuni, una possibilità”.
Il progetto “Ecosistema Palazzo d’Avalos” è stato selezionato da Fondazione CDP attraverso il bando “Ecosistemi culturali”, ideato per promuovere progetti capaci di arricchire il patrimonio artistico e paesaggistico di territori dove l’offerta è carente, promuovendo la creazione di ecosistemi culturali resilienti e sostenibili in Comuni con meno di centomila abitanti e in zone rurali. Al progetto “Ecosistema Palazzo d’Avalos” sono state assegnate risorse per 125.000 euro.