«Noi siamo il sogno di Dio. Nella creatura umana ha riposto la sua speranza. Abbiamo la responsabilità di non deluderla». Con queste parole il vescovo di Pozzuoli e di Ischia, don Carlo Villano, ha sintetizzato il significato profondo dell’essere “Pellegrini di Speranza”, tema che ha guidato il Giubileo concluso sabato 27 dicembre nella diocesi di Ischia e domenica 28 in quella di Pozzuoli.
Il percorso giubilare, che si chiuderà ufficialmente martedì 6 gennaio con la chiusura della Porta Santa da parte di Papa Leone nella basilica di San Pietro, è stato per le comunità locali un tempo di riflessione, rinnovamento e responsabilità cristiana.
Durante le celebrazioni eucaristiche presiedute nella chiesa di Santa Maria di Portosalvo a Ischia e nella chiesa di San Paolo Apostolo a Monterusciello, il vescovo Villano ha invitato i fedeli a riconoscere nella propria vita i segni della presenza di Cristo.
«Ogni nostra azione – ha sottolineato – sia segno dell’incarnazione». Commentando il Vangelo di Matteo, il presule ha evidenziato come il testo non si limiti a rivelare l’identità di Cristo, ma richiami la Chiesa a una dimensione sempre più missionaria, capace di farsi prossima alle fragilità del mondo.
Il vescovo ha poi tracciato un parallelismo tra la fuga della Sacra Famiglia e le sofferenze di tanti uomini e donne del nostro tempo.
Nella vicenda di Gesù bambino costretto a fuggire da Erode, ha spiegato, si riflette «il volto di un’umanità nascosta, sola, che cerca riparo dai mali della storia: persecuzioni, violenze, guerre».
Villano ha ricordato i poveri, gli immigrati, i perseguitati di ogni terra, costretti ad abbandonare case, affetti e radici a causa della brama di potere di altri. «E per andare dove? – ha aggiunto – In Paesi che forse non vedranno mai, vittime di altre bramosie e di altri poteri che negano la vita».
Il vescovo ha concluso con un forte appello alla responsabilità personale e comunitaria: «Occorre chiedere perdono a Dio e agli uomini perché troppo spesso ci abituiamo all’indifferenza e a tutto ciò che ha il sapore amaro dell’ingiustizia».
Un monito che risuona come impegno per il futuro: essere davvero “pellegrini di speranza”, capaci di custodire la dignità di ogni vita umana.










