lunedì, Agosto 18, 2025
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Ischia, il dolore che riguarda tutti: le parole di Fra Fedele Mattera sulla tragedia che ha scosso l’isola



La tragedia avvenuta a Ischia ha lasciato un segno profondo nella coscienza collettiva dell’isola. Tre vite spezzate, una donna che lotta tra la vita e la morte, e un’intera comunità che si ritrova a fare i conti con un dolore che non può essere ignorato né confinato. In questo contesto, le parole di Fra Fedele Mattera risuonano come un richiamo potente alla responsabilità, alla consapevolezza e all’umanità.

Fra Fedele non si limita a esprimere cordoglio. Il suo messaggio è un invito a guardare oltre le etichette, oltre le appartenenze geografiche o etniche. “Quel sangue versato non è solo ‘ucraino’ o ‘napoletano’: è sangue che scorre anche dentro di noi ischitani”, scrive. È un’affermazione che rompe ogni barriera e ci ricorda che la sofferenza non conosce confini. La tragedia non è “altro”, non è esterna: ci riguarda, ci interpella, ci chiama.

Con coraggio, Fra Fedele denuncia una narrazione troppo spesso edulcorata dell’isola: “Non è vero che a Ischia ‘si mangia, si beve e si fischia’”. Dietro la bellezza paesaggistica e la vocazione turistica, esistono anche il disagio psichico, la violenza, l’apatia. Ignorare queste realtà significa tradire la verità, svendere l’anima dell’isola per una manciata di stereotipi. Il dolore vissuto è un segnale, un grido che chiede ascolto e cura.

L’appello di Fra Fedele è chiaro: Ischia deve riscoprirsi comunità. Non una somma di individui, ma un tessuto umano capace di empatia, accoglienza e solidarietà. “Dobbiamo scegliere di essere una comunità che vive con umanità”, scrive, invitando a superare la logica dell’incasso e del profitto. È un invito a guardare il turista non come risorsa economica, ma come persona. E a guardare ogni abitante come parte di un corpo che soffre e gioisce insieme.

Nel suo messaggio, Fra Fedele cita Giovanni Paolo II: “Un’isola che sappia ascoltare, accogliere e amare, senza confini”. È il sogno di un luogo che non si chiude nel dolore, ma lo trasforma in occasione di rinascita. Un’isola che non dimentica, che non si difende dietro l’indifferenza, ma che si apre alla cura reciproca.

Le parole di Fra Fedele non sono solo riflessione: sono un impegno. “Quel sangue, quel dolore, ci parla”, scrive. E ci invita a non voltare lo sguardo, a non archiviare la tragedia come un fatto di cronaca. È tempo di costruire un’isola più consapevole, più sensibile, più umana.

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