“Dipingo perchè solo davanti alla tela bianca trovo quell’equilibrio che non ho mai avuto nella vita: odio e amore che ho per essa“. Finalmente giovedì pomeriggio 15 maggio, alle 19.00 Vicoletto S.Gaetano, Forio colma un vuoto durato tanti e troppi anni: grazie a Roberto Manzi, che ne curera’ vernissage e mostra, si terrà il doveroso omaggio ad Aldo Pagliacci. Dopo giovedì, la mostra si potrà visitare ogni giorno fino al 30 maggio sempre di pomeriggio, nel vicoletto retrostante la chiesa di S.Gaetano in Forio centro.
Pagliacci è stato uno dei grandi artisti che elesse Forio a suo buon ritiro e poi secondo patria d’adozione, fino alla fine della sua ricca e tormentata esistenza. Pittore, incisore, liutaio, Aldo è stato un grande e vero artista, dal talento poliedrico e dalla personalità profonda. Nato a San Benedetto del Tronto, ben presto si trasferisce con la famiglia a Pesaro dove compie i suoi studi e mostra doti artistiche straordinarie, in particolare nella pittura. A soli 20 anni decide di trasferirsi in Africa, dove partecipa alla campagna di Etiopia e dove si trattiene ben oltre il termine di quella sciagurata avventura coloniale. Gli anni “africani“, conditi dall’esperienza della guerra e della prigionia in un campo di concentramento in Rhodesia, sono decisivi per la sua maturazione artistica e umana. Le sofferenze vissute però non traspaiono mai direttamente nella sua arte, a vantaggio di scene di vita vissuta, dalle gesta dei predoni nel deserto al bivaccamento notturno, passando per interminabili ed assolati paesaggi. Questa preferenza per il paesaggio, per attimi di vita che assumono significatività solo al momento della loro resa su tela, gli valsero l’accostamento della critica al simbolismo metafisico di un altro grandissimo pittore italiano, Giorgio De Chirico (1888 – 1978) a cui lo legò artisticamente, in età adulta, anche una spiccata preferenza per le nature morte. Pagliacci arrivò a Forio nei primi anni ‘50, insieme – si fa per dire – ad altri artisti come Auden, Bargheer, Gilles, che in quel periodo movimentavano la vita culturale del paese delle torri, trascorrendo interminabili giornate ai tavolini del famoso Bar Internazionale di Maria Senese. Pagliacci no, o comunque in maniera molto minore, preso com’era dalla smania del viaggio che in quegli anni lo portò ad alternare freneticamente lunghi soggiorni in giro per il mondo: America Latina, Stati Uniti, Roma, dove aveva studio, la sua Pesaro e poi di nuovo Forio. Negli anni ‘80, dopo tanto girovagare e dopo la perdita di una gamba a causa di seri problemi circolatori conseguenza dell’eccesso di alcool, Pagliacci si trasferì definitivamente a Forio, nella stessa abitazione nel cuore dei vicoli del vecchissimo centro storico, in via San Giovanni, dove aveva sempre risieduto nei suoi frequenti soggiorni sull’isola. A Forio è morto nel 1990, senza però che le istituzioni locali gli riconoscessero quel giusto tributo che egli, fedele alla sua formazione anarchica, aveva sempre sfuggito in vita.