lunedì, Ottobre 6, 2025
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Opere precarie o edilizia abusiva? Il TAR Lazio chiarisce i confini dell’edilizia libera e della sanatoria postuma



A cura dell’Avv. Lelio Mancino

Quali interventi possono essere considerati realmente “precari”? È sufficiente invocare l’edilizia libera per evitare la demolizione? E quali effetti produce la presentazione di una sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 dopo l’emissione di un’ordinanza repressiva?

A fare chiarezza su questi interrogativi è la recente sentenza del *TAR Lazio, Sez. II bis, n. 16975 del 2 ottobre 2025*, che affronta un tema di grande rilevanza: la distinzione tra manufatti temporanei e opere durevoli, destinate a soddisfare esigenze permanenti e quindi soggette a permesso di costruire.

Il caso: strutture commerciali in area vincolata

Il procedimento nasce da un’ordinanza comunale di demolizione relativa a una serie di strutture – gazebo, tettoie, pensiline, aree espositive e marciapiedi — realizzate senza titolo edilizio a servizio di un’attività commerciale, in un’area soggetta a vincolo paesaggistico e sismico.

I proprietari e la società affittuaria hanno impugnato il provvedimento sostenendo che:

– le opere fossero di uso precario e rientrassero nell’edilizia libera (art. 6, lett. e-bis, d.P.R. 380/2001);

– non generassero volumetria né trasformazione stabile del suolo;

– la presentazione di una sanatoria dovesse sospendere o rendere sproporzionato l’ordine di demolizione.

Il TAR ha rigettato integralmente il ricorso, chiarendo alcuni principi fondamentali.

Il Tribunale ha ribadito che la precarietà non si valuta in base alla rimovibilità fisica del manufatto, ma alla temporaneità dell’esigenza che l’opera soddisfa. Un gazebo o una tettoia destinati a un’attività commerciale stabile non possono essere considerati “temporanei”, anche se smontabili o privi di fondazioni.

“La precarietà non dipende dalla struttura o dai materiali, ma dall’uso effettivo e dal collegamento con esigenze transitorie e contingenti”, si legge nella sentenza.

Di conseguenza, ogni opera che incide stabilmente sull’assetto del territorio richiede un titolo edilizio, indipendentemente dalla sua leggerezza o rimovibilità.

Invocare l’art. 6 del d.P.R. 380/2001 non è sufficiente per sottrarsi all’obbligo del titolo abilitativo. L’edilizia libera si applica solo a installazioni realmente temporanee, da rimuovere entro 90 giorni, e non può essere invocata in presenza di vincoli paesaggistici, ambientali o sismici, che richiedono comunque le relative autorizzazioni (artt. 146 e 94 del T.U. Edilizia).

Il TAR ha sottolineato che la nozione di “opera precaria” non può essere estesa arbitrariamente per aggirare la normativa edilizia. In caso di dubbio, prevale l’interesse pubblico alla tutela del territorio.

Sanatoria postuma: nessuna sospensione automatica

La presentazione di un’istanza di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. 380/2001 non sospende automaticamente l’efficacia dell’ordinanza di demolizione. Solo un provvedimento favorevole espresso può rimuovere il presupposto dell’abusività. In assenza di tale provvedimento, l’ordine demolitorio resta pienamente valido ed esecutivo.

Inoltre, la sanatoria non può essere concessa per opere realizzate in aree vincolate o non conformabili, dove la violazione urbanistica e paesaggistica è insanabile.

Il principio di diritto

La sentenza si chiude con un principio destinato a fare giurisprudenza:

> «La natura precaria di un’opera non può essere desunta dalla sua rimovibilità, ma dalla temporaneità dell’uso e dalla non idoneità a incidere stabilmente sull’assetto del territorio; la semplice invocazione dell’edilizia libera o la pendenza di una sanatoria non impediscono la demolizione di manufatti abusivi in area vincolata».

Il TAR Lazio ribadisce un approccio rigoroso in materia edilizia:

– nessuna opera è precaria solo perché smontabile. 

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